Hanno distrutto le città, devono pagare tutto. da Milano a Palermo, Airbnb e gli altri corrono ai ripari ma la loro elemosina non basta.

L’Italia è uno dei paesi con la più alta percentuale di proprietari di case in Europa, un fenomeno frutto del capitale accumulato dalle famiglie italiane durante il boom economico ed edilizio del dopoguerra.

Airbnb, Booking e tutte le altre multinazionali degli affitti brevi hanno gioco facile in un paese in cui i giovani faticano a trovare lavoro e quindi a pagare l’affitto, e i proprietari di case preferiscono affidarsi ai grandi gruppi in grado di attirare i turisti portati in massa dalle low cost, che pagano tanto e non hanno le giuste pretese degli inquilini a lungo termine.

Il mercato immobiliare è drogato da questo meccanismo, e la gente se ne accorge, e in tante città europee Airbnb è disprezzata. Per questo, da Milano a Palermo, i grandi gruppi offrono desolanti silenzi, patetiche scuse o insopportabili elemosine.

Nel 2020 perfino l’assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran ha detto che Milano forse non può permettersi Airbnb, mostrando dati a supporto del fatto che questo modello di città porterà a un aumento ulteriore dei prezzi delle case nel futro.

Siamo a Milano, quindi il livello del dibattito è sofisticato, con interventi di assessore, sindaco, amministratori delegati, urbanisti, startupper. Ma il risultato è deludente:

 

nessuna imposizione! come a dire: “fate pure come volete!” Campa cavallo!

Non si sa cosa ha risposto Airbnb alle parole di Sala, probabilmente hanno riso.

A Palermo invece Airbnb ha cercato di coinvolgere quella parte di città interessata alla “riqualificazione sociale” del centro storico, che spesso coincide coi proprietari di case del centro che si affidano a Airbnb. L’azienda americana voleva contribuire economicamente alla realizzazione di un progetto scelto di concerto coi proprietari di casa.

A dimostrazione della patina sociale che si voleva dare al progetto, la scelta del luogo dell’incontro: l’oratorio di Santa Chiara, a Ballarò, cuore dell’associazionismo e dell’assistenza in un quartiere popolare e multietnico.

I vari proprietari ascoltarono la proposta di Airbnb e proposero alcuni progetti di riqualificazione. Ne venne scelto uno, il più inutile ma nella location più significativa: ripristinare un edificio storico, adibito attualmente a discarica, sul quale campeggia un murale di San Benedetto il Moro piuttosto noto in città e fuori.

spunta un triciclo dalla montagna di munnizza pietosamente nascosta dal santo nero siciliano, che in vita, figlio di schiavi, lavorava nelle cucine e da santo si ritrova ancora vicino ai rifiuti e agli scarti.

La somma offerta da Airbnb è di appena ventimila euro, coi quali a malapena pulisci la struttura, a prima vista fortemente ammalorata.

È una presa in giro bella e buona, che non sortisce alcun effetto ma che avrebbe l’intento di mostrare Airbnb come vicina alla città. Bugie.

E se a Milano la giunta PD denuncia i problemi pur “senza voler imporre niente a nessuno”, a Palermo al contrario Leoluca Orlando aveva tentato di impedire all’imprenditore e presidente del Palermo Dario Mirri di portare l’Ostello Bello di Milano in città, vicino al porto. La motivazione del comune (“la destinazione d’uso non è conforme al piano urbanistico”) non ha convinto i giudici del Tar che hanno dato ragione a Mirri. Ostello Bello a Palermo si può fare, nonostante sia contrario al piano urbanistico.

Ironicamente è lo stesso Ostello Bello che a Milano orienta il dialogo col comune, ospitando la presentazione di un progetto cofinanziato dalla Fondazione Cariplo condito dalle solite parole che al nord sono comprensibili, social housing, cohousing.

Questi progetti sono spesso la scusa per eliminare preziose realtà sociali operanti nei quartieri italiani. Pensiamo, proprio a Palermol alla prima storica sede dell’Ex Carcere nel quartiere Albergheria, ora residenza di lusso per studenti ricchi, del colosso Camplus. Oppure a Bologna, dove XM24 alla Bolognina è stato sgomberato con le solite promesse di social housing e cohousing molto confuse e che intanto aprono la strada ad altri investimenti, distruggendo luoghi di autogestione e crescita sociale e culturale.

veniamo al dunque

Cosa si può fare?

Come si è visto, le decisioni importanti in tal senso si prendono a livello comunale. È lì che si può agire per arginare la distruzione del territorio.

Euno è un nuovo progetto condiviso che si propone di operare in questa direzione. Utilizzando proprio quei metodi di autogestione che il capitale immobiliare intende distruggere.